Divisione degli spazi: tutto parte da qui

27 Lug , 2025 - Materiali e superfici , Progettazione , Trend e ispirazioni

Divisione degli spazi: tutto parte da qui

Quando si parla di ristrutturazione, molti pensano subito ai materiali: quale pavimento scegliere, che colore dare alle pareti, quale rubinetteria valorizzerà di più il bagno. Ma la verità è che il cuore del progetto si decide molto prima — nel momento in cui si stabilisce come suddividere gli spazi.

Immagina una casa come un’orchestra. Puoi avere gli strumenti più preziosi al mondo, dal violino Stradivari al pianoforte Steinway, ma se i musicisti non hanno una partitura chiara, il risultato sarà rumore. La divisione degli spazi è quella partitura: non si vede, ma guida ogni nota.

Lo spazio come energia, non come metri quadri

Chi non è del mestiere pensa che progettare gli spazi significhi semplicemente “decidere dove va la cucina” o “quante camere fare”. In realtà, non stiamo spostando solo muri, ma energie.

Ogni stanza possiede una funzione che va oltre l’uso pratico: il soggiorno deve accogliere e generare dialogo, la camera da letto custodire intimità, la cucina orchestrare movimento e creatività. Definire uno spazio significa decidere come le persone vivranno le loro emozioni dentro quella casa.

Un esempio semplice: se metto la cucina accanto all’ingresso, sto dicendo alla famiglia che il cuore della casa è “l’accoglienza immediata”, un luogo aperto, quasi conviviale. Se invece la sposto verso il retro, lontana dal caos della porta, creo un rifugio più intimo, un laboratorio domestico separato dal mondo esterno. Stessa cucina, significato completamente diverso.

Il principio del respiro

Un errore frequente nei progetti amatoriali è pensare che “più stanze = più valore”. In realtà, lo spazio funziona come il silenzio nella musica: ciò che non costruisci è spesso più importante di ciò che costruisci.

C’è un concetto che io chiamo principio del respiro: in ogni casa ci deve essere un’area che non serve a nulla, apparentemente “sprecata”, ma che in realtà dà respiro al resto. È quell’angolo di luce tra il corridoio e il salotto, quel vuoto che permette al pieno di brillare.

È lo stesso motivo per cui un quadro si incornicia con un po’ di margine: il vuoto intorno è ciò che gli permette di esistere.

La geometria delle relazioni

Declinare gli spazi non è solo disegnare quadrati, rettangoli o trapezi vari: significa organizzare le relazioni tra le persone.
Un soggiorno aperto sulla cucina racconta una famiglia che ama condividere. Un corridoio lungo e chiuso, racconta una vita più riservata, dove ognuno ha bisogno di un proprio rifugio.

Gli spazi sono la grammatica della convivenza. Possono generare conversazioni spontanee, silenzi rassicuranti, o al contrario conflitti e disordine. Non è un caso se in certi progetti “ci si incontra sempre” e in altri ci si perde: la differenza è tutta nella geometria delle relazioni invisibili.

L’analogia del giardino

Per spiegare questo concetto a chi non ha mai progettato, uso spesso l’analogia del giardino.

Un giardino non è bello perché ha molte piante, ma perché c’è un equilibrio tra alberi, fiori e vuoti. Ci sono percorsi che invitano a camminare e spazi che invitano a fermarsi. Una casa funziona allo stesso modo: la divisione degli spazi deve guidare un percorso naturale, non costringere.

Se in un giardino cammini e trovi improvvisamente un albero che ti blocca, ti infastidisci. Se in casa apri la porta della camera e sbatti contro un armadio o una colonna, la sensazione è la stessa. È un ostacolo al fluire.

La conclusione: prima le persone, poi i muri

Ecco perché dico sempre che la vera ristrutturazione comincia prima dei materiali e prima dei muri.
Si comincia da una domanda molto semplice, ma rivoluzionaria:

👉 “Che tipo di vita vogliamo che questa casa ospiti?”

Una volta che hai la risposta, i muri diventano conseguenza, non imposizione.
E solo allora i materiali — piastrelle, arredi, colori — potranno esprimere davvero la loro forza, perché saranno parte di un’armonia e non di un collage casuale.

📌 In sintesi: decidere gli spazi non è un atto tecnico, è un atto culturale ed emotivo. È il momento in cui si scrive la sceneggiatura della vita che avverrà tra quelle pareti.

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