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Barbiecore: tutti pazzi per il rosa.

Nel 1959 il mondo ha avuto la sua piccola rivoluzione: sul mercato viene lanciata la prima bambola per bambine con l’aspetto di un’avvenente ragazza bionda e non più con quello di un bebè. Questa rivoluzione sradica lo stereotipo della donna esclusivamente come madre, che viene “istruita” fin da bambina a questa mansione tramite il gioco di prendersi cura di una bambola-bebè. Viene lanciata una nuova idea: le bambine possono giocare con bambole dalle sembianze di ragazze adulte, inventare storie con vari personaggi e – piuttosto che desiderare la maternità – ispirarsi a queste bambole per lo stile, l’aspetto, i vestiti e le varie professioni delle diverse versioni.

Nel 1959 nasce Barbie.

La diffusione di Barbie da parte della Mattel, porta anche un’altra conseguenza con sé: una immensa e capillare diffusione del colore rosa, al punto che oggi quando pensiamo a un rosa particolarmente intenso, spesso lo definiamo rosa Barbie.

L’uscita del nuovo film di Greta Gerwig con Margot Robbie ispirato alla storia della bambola più venduta di tutti i tempi ha portato con sé la diffusione della Barbiecore, tendenza di moda che suggerisce di vestirsi rosa dalla testa ai piedi, proprio come Barbie.

Ma il Barbiecore non riguarda solo l’abbigliamento, sta infatti dilagando anche nell’interior design. Si parte naturalmente dalla scelta dei colori per le pareti: rosa caldo, magenta e fucsia come colori predominanti nella palette scelta. Si passa poi all’arredamento, dobbiamo quindi immaginare cosa potremmo trovare in una casa delle bambole: forme, elementi d’arredo e materiali. Via libera, allora, a cuori, fiori e piume oppure, per fare le cose in grande, divani rosa, specchi, sedie e scrivanie.

Il Barbiecore è certamente uno stile dal forte impatto estetico, per questa ragione potremmo dire che è divisivo: o lo ami o lo odi. È certo, però, che nell’immaginario collettivo una casa alla Barbie produce delle reazioni dal forte connotato psicologico: è una sorta di trasposizione concreta di quello che si è sognato da bambini, un po’ come riportare a galla quella parte di noi che non è mai diventata adulta.

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